Caffè Sospeso dedicato ai 1600 anni di Venezia
“Dimmi dove viene allevata l’immaginazione, nel cuore o nella testa? Come viene generata? Come viene nutrita? Rispondi, rispondi.”
William Shakespeare
Ho preparato la borsa, quella della fuga veloce. Tra la Pasqua e il mio compleanno ho sempre messo dei chilometri tra me e la città e centimetri tra me e il mare, l’arte, gli orizzonti vasti, il cibo nuovo.
Il mio compleanno è sempre stato in movimento, perché il viaggio è un respiro profondo che riempie l’anima. E’ stato un sottrarmi dall’ovvio, dall’obbligo per ritrovarmi nella semplicità di un pensiero autentico. E’ vero, c’è stata anche quella voglia di “brillare per assenza”, come direbbe l’amico Roberto. Viaggiare è stato un proteggermi dai silenzi e dalle attese, il mettermi al primo posto per qualche ora, perché non puoi amare con tutto il cuore, se hai un cuore stanco.
Oggi sono qui, con il mio caffè in cartone, con i giornali e la zona rossa e dicono che non potrò scappare. Sorrido. Non sanno che l’Utopia trova sempre un modo per evadere dalle carceri del pensiero.
“Da alcuni giorni soffrivo di nostalgia per Venezia. Ogni volta che ci pensavo sentivo come un canto caldo e dolce; era come la promessa di una notte d’amore; una risonanza carica di bellezza rigogliosa e di sottile malinconia, dolcemente penetrante. Chiudendo gli occhi vedevo le facciate lungo il Canal Grande che ondeggiavano come ombre chiare; le donne snelle e silenziose con gli scialli neri e i neri capelli raccolti; le piazze notturne e le passeggiate, la cupola di San Giorgio e della Giudecca, argentate dal chiarore lunare” (*).
E mentre viaggiavo per le calli e campielli, ho visto arrivare Enrico, con le parole più veloci del respiro. Veloce nei movimenti e nel pensiero che volge ineluttabilmente verso un’ombra.
Il cibo nuovo delle fughe è diventato, in un attimo, il cibo di casa. Impensabile, semplice come ogni cosa autentica che richiede, però, mille cure. Ed è così, che nel luogo più improbabile, tra i grattacieli dai confini serrati, ho riassaporato il gusto di casa.
Ho preparato la borsa, quella della fuga veloce e dentro ho infilato i libri più cari. Tra la Pasqua e il mio compleanno ho sempre messo dei chilometri tra me e la città e centimetri tra me e il mare, l’arte, gli orizzonti vasti, ma questa volta toccherà viaggiare con la mente. Il cibo no, quello è stato reale grazie Enrico “Il Cogo” che ha fatto apparire la magia di una piccola Venezia, chiusa in una scatola sigillata con l’inconfondibile pettine delle gondole veneziane.
Qui puoi ascoltare l’intervista con Enrico “El Cogo” Berton
(*) Brano tratto da Piccole Gioie, Hermann Hesse – Appunti Veneziani