Caffè Sospeso è la rubrica che ho creato per viaggiare di caffè sospeso in caffè sospeso, ringraziando i buoni avventori e osservando silenziosa lì nell’angolo, assaporando l’aroma dell’umanità in quel infinito istante che passa tra il chiedere e il degustare
Cari amici Utopici, che serata! Ieri sera mi sono portata a cena a La Meccanica di Nerviano per un’occasione davvero speciale: il reading musicale di Omar Pedrini.
Una serata che mi ha portato indietro in quel tempo fatto di jeans, giubbotto in pelle, chitarra e voglia di stare con gli amici. Omar ha ripercorso la sua carriera e la sua discografia ricordando ai più giovani che non è un boomer (ovvero le persone nate durante il boom demografico tra la metà degli anni ’40 e ’60), ma un ragazzo della “X Generation” e questa definizione ha riacceso una mia antica allergia alle definizioni.
Ero alle superiori quando scrissi un tema in cui, arrabbiata come era di rito all’epoca, scalciavo respingendo l’idea di essere etichettata… e ancora oggi resto un po’ ribelle. Devo essere però onesta e ammettere di aver archiviato gli anni ’90 con troppa crudeltà e oggi ripenso ai ragazzi che eravamo con più tenerezza. Eravamo quelli che con la chitarra in mano, la sabbia tra le dita dei piedi e cantavamo la libertà, pescando a piene mani dalla poesia della beat generation e di Jim Morrison.
Ci nutrivamo di parole che scrivevamo sui diari, sui banchi, sulle pareti dei bagni. Ovunque erano note, parole, lingue intrecciate alla pelle dei nostri giubbotti e degli anfibi. Cercavamo la verità scavando sotto l’asfalto nei locali underground, sognando la musica di Londra e New Orleans per poi perderci prima di arrivare in riviera. Eravamo giovani e arrabbiati tenuti insieme da quell’amicizia che pensavamo granitica e nella quale, ogni tanto, sappiamo ancora inciampare… Pronti a volare “Senza vento“, come direbbe Pedrini.
Eravamo e siamo quella generazione che ancora oggi è un’incognita che sfugge alle definizioni e che si descrive solo per comparazione. Ed è questo essere inafferrabili a destabilizzare e a renderci una generazione di rivoluzionari che non hanno avuto bisogno di molotov. Avevamo la musica, avevamo la cultura e un cuore nato oltre le cortine, capace di sgretolare a mani nude i muri che dividevano il mondo.
Siamo la generazione di genitori che molti giudicano inadatti, ma siamo quelli che i figli li hanno scelti senza demandare le proprie responsabilità alla Provvidenza. Siamo quelli che si siedono a terra con i propri figli insegnando loro che il mondo può attendere, per lasciargli il tempo di diventare grandi, quel tempo che è mancato a noi.
E ancora, non hanno smesso di darci addosso, di spiegarci come stare al mondo e non hanno ancora capito che noi siamo sempre stati pronti a “volare senza vento”.
Grazie Omar, grazie alla sempre splendida squadra del Rugby Parabiago 1948.