Il lavoro non è (in) guerra

Vai al lavoro, accendi il tuo pc, fai una riunione con i colleghi, riempi gli scaffali, conti i soldi in cassa e muori. Muori perchè il lavoro che fai offende il credo altrui. Muori perchè la tua esistenza, quella della tua stirpe e quella dei tuoi discendenti offende il credo altrui. Muori. Muori mentre fai quello che normalmente la gente fa per sè e per la sua famiglia come lavorare o fa la spesa con i propri figli.

Che io sia in accordo o meno sulla linea editoriale di Charlie poco importa al mondo, ma in questi giorni dove imperversano più polemiche che dibattiti, pare sia impossibile prendersi del tempo per capire, urge dichiarare la propria bandiera perchè “chi non è con me, è contro di me”. Eccomi allora a dichiarare la mia totale solidarietà alle vittime degli attacchi francesi. Solidarietà alle PERSONE che sono uscite di casa pensando di andare al lavoro, e sono state ammazzate da codardi che si proclamano guerrieri e poi attaccano gente disarmata che vive la propria quotidianità in un paese che, in teoria, non è in guerra. Detto questo non posterò le vignette satiriche, perchè credo che la satira sia qualcosa di più inteligente di quella volgare e offensiva di Charlie, mais #jesuischarlie, e non so se questo faccia di me una di destra o di sinistra. Credo che sia così stupido, fare di un atto terroristico il pretesto per litigare con “il vicino di casa” sporco rosso, o quello del terzo piano fascista nero. Non si può accettare un atto simile. Punto.

E seguire le vicende francesi, non mi impedisce di essere comunque commossa per la perdita di un artista italiano che apprezzavo molto come Pino Daniele, così come non mi impedisce di seguire le vicende Nigeriane. Il fatto che le notizie si susseguano, facendo scendere in “graduatoria” quelle precedenti, non significa certo dimenticare fatti che sono accaduti e che stanno accadendo. Chi riesce a fare polemica anche su questo, probabilmente ha problemi personali a infilare più di un pensiero dietro l’altro.

E sarò una  giornalista matricola, ma credo che il compito dell’informazione sia creare una rete di notizie che, oltre a narrare doverosamente i fatti accaduti, fornisca ai lettori un “metodo di lettura” che li aiuti a essere parte attiva degli accadimenti, non passivi guardoni. La dura legge del giornalismo che ogni giorno racconta cose diverse, dovrebbe insegnare che ogni giorno accadono fatti che richiedono la nostra attenzione, in un concetto globale di sistema mondo, che parte dal locale e arriva al globale (o viceversa scegliete voi). E se domani dimenticherete che il mondo è in guerra non sarà perchè qualcuno non vi avrà servito la notizia insieme al caffè, ma perchè non avrete voglia di sapere.

Prima di chiudere, voglio però lasciarvi con un pizzico di utopia.  In questi giorni, sfrondando gli “ismi” reciproci,  ho sentito anche qualcuno giocare a carte scoperte, cercando un dialogo in termini che non avevo ancora ascoltato prima. Non che questo tolga il peso di quanto accaduto, ma lasciatemi raccogliere un briciolo di speranza sopravvissuta al terrore.

Informazioni su Laura
Laura persona, giornalista, speaker e blogger... utopicamente poeta
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