Caffè sospeso è la mia rubrica fissa su Sdiario di Barbara Garlaschelli dove racconto storie come fossi seduta ad un caffè, guardando e ascoltando le persone, sfogliando il giornale. Sarà il suo sguardo sul mondo che diventerà un po’ anche nostro.
(pubblicato su #sdiario il 27 maggio 2014)
Che lingua parli?
Siamo ineluttabilmente entrati nel tempo di Expo 2015, con croci e delizie del caso. Non parlerò di tangenti, appalti truccati e di visagisti truccatissimi – Elio in questo è insuperabile -, ma di lingua. Anni fa mi trovavo a Oklahoma City e una cameriera, dopo aver origliato la conversazione tra Mr. Gibson and me, si è avvicinata chiedendomi quale lingua stessimo parlando. Oddio, eravamo da Hooters e la ragazza non sapeva nemmeno dove fosse l’Italia, ma non è fondamentale al fine della mia disquisizione.
Però quella domanda “che lingua state parlando?”, mi è tornata alla mente qualche giorno fa quando ho visto sfilare davanti ai miei occhi un pullman che sfoggiava sulla fiancata la cubitale scritta “Expo 2015, tra un anno SEI nella storia” e mi sono stupita del retrogusto fastidioso che mi ha lasciato questo claim, che utilizza il tempo presente per annunciare un evento futuro. La questione non è essere puntigliosi o fanatici di Crusca e cereali, ma chiederci quale sia l’italiano che sentiamo appartenerci.
Forestierismi, prestiti, adattamenti, stupide mode anglofone, “congiuntivite” cronica, perdita progressiva del passato e trapassato remoto, invasione di slang viralizzato nei social, insomma le contaminazioni della nostra lingua sono molteplici e non necessariamente negative. Ben venga una lingua che impara e si amplia, che vive, ma qual è il limite?
Sarà colpa dei troppi caffè pro esame di storia della lingua italiana, ma mi sono ritrovata a riflettere su un tema ripetuto a memoria fin dalle elementari: Galileo Galilei, “eppur si muove” e bla bla. Però pensare a uno scienziato che, consapevolmente, utilizza il volgare anziché l’ovvio latino per divulgare le sue scoperte, non è per niente una scelta così ovvia come ormai siamo abituati a pensare. Galileo ha scelto di promuovere la propria lingua, arricchendola di una serie di neologismi che sono giunti sino a noi. Ha scelto.
Mi chiedo allora se non sia giunto il momento di SCEGLIERE di promuovere ancora la nostra lingua, non accettando qualunque incursione e distorsione. L’italiano è una lingua antica e fondante per la letteratura mondiale, allora perché essere i primi a proporla distorta in una comunicazione così importante come quella pubblicitaria, una comunicazione che resta impressa come una volta restavano impressi i detti popolari? Credo che il rispetto di una Nazione passi anche attraverso il rispetto della sua cultura e quindi della Lingua che la rappresenta. Il mio non vuol essere un mero campanilismo malinconico, ma la ferma volontà di avere qualcosa di unico da raccontare al mondo che ospiteremo di qui a qualche mese, qualcosa che sia oltre gli stereotipi di un’Italia mal rappresentata dalla politica degli ultimi anni e dalle storie maccaroniche di sempre.
Si è fatto tardi, tempo di caffè… uno sospeso per voi.